Prometheus_Open Food Lab

La fame arrivò che non v’era più nessuno.


Openstudio di finestagione Progettoborca CURVATURA|18.




Participants:

Viti tra le Nuvole pioneers winemakers in the Dolomites
Marco Del Favero director of the farming project for the integration of refugees in the local coop SCS Cadore
Andrea Bonalberti co-founder Sidro Vittoria
Riccardo Gaspari & Ludovica Rubbini chef& owners of SanBrite in Cortina d’Ampezzo

Moderator:

Lorenzo Barbasetti di Prun




Prometheus_lab, intende il cibo come strumento di interpretazione di un paesaggio.
Chiave di lettura con cui una determinata comunità decifra il territorio che la circonda.
Il nutrimento è la prima delle primarie necessità biologiche e le strategie sviluppate da ciascun essere vivente per soddisfarla costituiscono la sua capacità di interpretare e adattarsi al proprio habitat.
Nel caso dell’Uomo queste strategie sono strumento attivo della modificazione del paesaggio e tecnologie che consentono il prosperare della comunità.

Se edibile è tutto ciò che può essere potenzialmente ingerito, il cibo è una ristrettissima selezione applicata dalla cultura nel corso di generazioni, talvolta secoli.
La perdita di conoscenze e di quei meccanismi culturali che portano all’ascrivere o più spesso a processare un edibile nel novero di ciò che consideriamo cibo compromette quelle capacità di adattamento che hanno consentito la sopravvivenza in un determinato luogo.
Il processo attraverso cui un cibo diventa tale non è naturale come si sarebbe portati a pensare. Così come non lo sono le tecnologie che attorno ad esso si sviluppano.

L’interruzione di questa linea di tradizione, la capacità di trasmettere un sapere nel tempo e nello spazio ha molteplici cause: flussi di emigrazione portano con sé le conoscenze insieme alle persone che le praticano in luoghi e situazioni dove non sempre esse hanno modo di attecchire. Altre volte invece ciò accade, con straordinari risvolti.
L’alterazione di ritmi e stili di vita, un relativo benessere che porta ad abbandonare alcune pratiche perché percepite come economicamente svantaggiose. Superate, arretrate.
Il nostro cibo ora è molto più facile da reperire, in qualsiasi stagione o giorno della settimana. I processi industrializzati e delocalizzati, sottratti alla vista e alla coscienza. Questo ha determinato anche una standardizzazione del gusto, dettato dalla grande distribuzione, da necessità produttive che riducono lo spettro dei sapori eliminando i picchi estremi. Però caratteristici, identitari.
D’altronde anche l’ambiente sta cambiando: fattori di mutazione climatica globale, così come altri, su scala locale, di alterazione di un delicato equilibrio uomo/natura costruito da pratiche talvolta secolari (si pensi alla cura dei pascoli) contribuiscono alla scomparsa di alcuni elementi del patrimonio gastronomico. Creando tuttavia i presupposti per l’instaurasi di altri, resi possibili a chi sia pronto a reinterpretare ciò che lo circonda, dal flusso globale di culture e conoscenze.

L’obiettivo di individuare un gruppo di dibattito sul tema, con questo titolo, coincide con quello di ribaltare l’opinione diffusa, che la fame sia sempre e unicamente causa di emigrazione. Che la mancanza di risorse che determina la possibilità di una comunità di vivere nel e del proprio ambiente sia sempre naturale o violenta.
Accade talvolta che la fame arrivi, ma come fattore secondario, quando, paradossalmente, non sia rimasto più nessuno. Che la fame arrivi proprio quando l’Uomo abbia già perso le chiavi per interpretare il paesaggio che lo circonda, attratto altrove da altre prospettive di vita. Per tornare poi imbambolato da un ambiente che lo affascina perché egli non è in grado di comprenderlo e decifrarlo.
Che la fame arrivi quando l’Uomo abbia già abdicato al proprio ruolo di agente dell’ambiente in cui vive, dell’equilibrio necessario con la Natura, non naturale.

Per portare avanti questa provocazione sono stati selezionati alcuni agenti eccellenti di questo specifico territorio, che attraverso pratiche molto diverse tra loro stanno contribuendo alla rigenerazione di antiche chiavi di lettura e alla costituzione di nuove, interpretando l’evoluzione sociale, culturale e ambientale di questo spazio. Alcuni si conoscono già tra di loro, altri si incontrano per la prima volta. La speranza è che questa rapida occasione di riflessione possa porre le basi per nuove reti; di un’azione corale in grado di riattivare quelle strategie sopite che consentono la vita in un ambiente con il rispetto e la solidità che vengono dalla capacità di leggerlo ed interpretarlo nel tempo.